di Mario Bonanno
da http://www.sololibri.net/Storia-del-cinema-horror-italiano,30128.html
Non so se ci sia di che vantarsi, ma il Cannibal movie io l’ho visto al cinema. Non in tutte le sue salse sangue & natura selvaggia (vedi i sottofiloni tardo-mondo movie o zombiesco), però i film che contano (?), quelli sì. Facendo mente locale, ricordo “Mangiati vivi!” (Umberto Lenzi), ricordo bene “Cannibal ferox” (idem), benissimo “Emanuelle e gli ultimi cannibali” (Joe D’Amato) e, intorno alla metà degli anni Ottanta, in un’arena estiva, “Cannibal holocaust”, restituito alle sale dopo quattro anni di sequestro causa censura. Le cose andavano più o meno in questo modo: sullo schermo si consumava l’orrido pasto di interiora esotiche (per tacere di squartamenti/scuoiamenti, nonchè di amplessi nudi e crudeli) e io, nel mio piccolissimo, al riparo di una saletta di terza visone (ce n’erano, allora) facevo incetta di pop-corn. Assuefatto com’ero allo splatter de noantri (via Argento-Fulci- Massacesi e compagnia filmante), l’ancora imberbe Luca Barbareschi che macellava in piano ravvicinato un inerme maialino made in Amazzonia, mi faceva un baffo. Mai fatto parte della cricca degli snob certificati (spettatori o pennivendoli che siano): quando ho divorziato dal filone l’ho fatto senza abiure e/o veleni lava coscienza di circostanza.
Questi frammenti di memoria cine-trashista (?) non sono (ovviamente) fine a se stessi: la copiosa “Storia del cinema horror italiano” (Editrice Il Foglio) che Gordiano Lupi va dedicando, in progress, all’industria splatter-gore-thriller di casa nostra, si è di recente arricchita del volume numero tre, consacrato in larga parte proprio al cannibalistico made in Italy. Tra le pagine, le uniche ospitate horror “in senso stretto” sono quelle riconducibili ai guru del gotico anni Sessanta/Settanta, Mario Bava e Pupi Avati; il resto spazia a tutto campo, tra una filmografia e l’altra di robusti “artigiani” votati piuttosto all’expoitation di casa nostra (da Joe D’Amato a Ruggero Deodato a Umberto Lenzi, per fermarmi ai soliti noti). Con la passionaccia storico-filologica che ne muove gli intenti, Gordiano Lupi si presta a guida ideale per questa discesa nel Maestrolm dei gironi dell’antropofagia erotico/esotica: da Cinecittà alla giungla amazzonica (alla ricerca del solito antropologo misteriosamente scomparso), con il contorno aggiunto di civiltà primitive, pulsioni primarie, animali feroci e esseri umani ancora di più, amplessi multipli in zona soft-core, sceneggiature ridotte all’osso e budget pure. E’ parte della “meravigliosa” storia del cinema di genere italiano, che Lupi - con la sua editrice Il Foglio - sta sistematizzando con una perizia degna di applausi. Valga anche per questa “Storia del cinema horror” quanto ho scritto di recente in occasione dell’uscita del primo volume dell’epopea western all’italiana. Pregio ulteriore: la bella copertina e il formato (agevole) del volume.
da http://www.sololibri.net/Storia-del-cinema-horror-italiano,30128.html
Non so se ci sia di che vantarsi, ma il Cannibal movie io l’ho visto al cinema. Non in tutte le sue salse sangue & natura selvaggia (vedi i sottofiloni tardo-mondo movie o zombiesco), però i film che contano (?), quelli sì. Facendo mente locale, ricordo “Mangiati vivi!” (Umberto Lenzi), ricordo bene “Cannibal ferox” (idem), benissimo “Emanuelle e gli ultimi cannibali” (Joe D’Amato) e, intorno alla metà degli anni Ottanta, in un’arena estiva, “Cannibal holocaust”, restituito alle sale dopo quattro anni di sequestro causa censura. Le cose andavano più o meno in questo modo: sullo schermo si consumava l’orrido pasto di interiora esotiche (per tacere di squartamenti/scuoiamenti, nonchè di amplessi nudi e crudeli) e io, nel mio piccolissimo, al riparo di una saletta di terza visone (ce n’erano, allora) facevo incetta di pop-corn. Assuefatto com’ero allo splatter de noantri (via Argento-Fulci- Massacesi e compagnia filmante), l’ancora imberbe Luca Barbareschi che macellava in piano ravvicinato un inerme maialino made in Amazzonia, mi faceva un baffo. Mai fatto parte della cricca degli snob certificati (spettatori o pennivendoli che siano): quando ho divorziato dal filone l’ho fatto senza abiure e/o veleni lava coscienza di circostanza.
Questi frammenti di memoria cine-trashista (?) non sono (ovviamente) fine a se stessi: la copiosa “Storia del cinema horror italiano” (Editrice Il Foglio) che Gordiano Lupi va dedicando, in progress, all’industria splatter-gore-thriller di casa nostra, si è di recente arricchita del volume numero tre, consacrato in larga parte proprio al cannibalistico made in Italy. Tra le pagine, le uniche ospitate horror “in senso stretto” sono quelle riconducibili ai guru del gotico anni Sessanta/Settanta, Mario Bava e Pupi Avati; il resto spazia a tutto campo, tra una filmografia e l’altra di robusti “artigiani” votati piuttosto all’expoitation di casa nostra (da Joe D’Amato a Ruggero Deodato a Umberto Lenzi, per fermarmi ai soliti noti). Con la passionaccia storico-filologica che ne muove gli intenti, Gordiano Lupi si presta a guida ideale per questa discesa nel Maestrolm dei gironi dell’antropofagia erotico/esotica: da Cinecittà alla giungla amazzonica (alla ricerca del solito antropologo misteriosamente scomparso), con il contorno aggiunto di civiltà primitive, pulsioni primarie, animali feroci e esseri umani ancora di più, amplessi multipli in zona soft-core, sceneggiature ridotte all’osso e budget pure. E’ parte della “meravigliosa” storia del cinema di genere italiano, che Lupi - con la sua editrice Il Foglio - sta sistematizzando con una perizia degna di applausi. Valga anche per questa “Storia del cinema horror” quanto ho scritto di recente in occasione dell’uscita del primo volume dell’epopea western all’italiana. Pregio ulteriore: la bella copertina e il formato (agevole) del volume.
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