sabato 15 ottobre 2011

Ernesto Gastaldi racconta "Il mio nome è nessuno"

Abbiamo avvicinato lo sceneggiatore Ernesto Gastaldi (http://www.ernesto-gastaldi.com/), che ci ha raccontato in esclusiva il suo rapporto con Tonino Valerii e molte vicissitudini legate alla realizzazione de Il mio nome è nessuno 

Ernesto Gastaldi

Il mio nome  é nessuno è ancora abbastanza godibile. Una sceneggiatura durata otto mesi, ogni giorno a casa di Sergio Leone dalla mattina alla sera per illustrare le scene che scrivevo durante la notte. Anche I giorni dell’ira è ancora vedibile. È stato il primo grande film diretto dall’amico Tonino Valerii: gli si è gonfiato in mano. Partito come progetto di un western di medie dimensioni crebbe con una coproduzione tedesca (che però portò un libro noiosissimo di cui dovemmo prendere almeno un pezzetto, infatti nel secondo tempo del film c’è una lieve caduta di ritmo) e con l’arruolamento di grossi attori dell’epoca quali Lee Van Cleef e Giuliano Gemma. La storia prevedeva come protagonista un ragazzino, mentre Giuliano aveva già quasi 30 anni, ma allora Gemma era Gemma e non si discuteva! In questo modo Tonino Valerii si è trovato a dirigere un colossal per i western all’italiana.  Devo dire che lo ha fatto molto bene, anche se forse è più intenso in certe parti l’altro film che ho scritto per Tonino, Una ragione per vivere, una ragione per morire, con James Coburn, Telly Savales e Bud Spencer.


Per tornare a Il mio nome è nessuno, la regia era stata affidata al compianto Michele Lupo, ma a meno di un mese dall’inizio delle riprese Sergio Leone lo cacciò, in quanto il povero Michele non aveva capito il trucco della miniera e dei ladri che rubavano oro nelle chiese, lo fondevano e poi fingevano di estrarlo da una miniera che in realtà era esaurita da tempo. Rimasto senza regista a tre settimane dall’inizio delle riprese negli USA il problema era gravissimo. Mario Girotti (Terence Hill) supplicava Sergio di dirigerlo lui, ma Leone non lo voleva fare: Terence Hill era troppo legato al personaggio di  Trinità (tra l’altro derivato da un mio trattamento raccontato da Bud Spencer a Barboni e sottratto alla fallita Sancro Siap dei fratelli Sansoni, tant’è che poi per rimediare al furto Bud Spencer fece per i Sansoni un film gratis: Si può fare, Amigo!, sempre scritto da  me) e gli sembrava di sporcarsi le mani. Alla fine io proposi Tonino Valerii a Sergio, non solo perché aveva girato bene I giorni dell’ira, ma anche perché era già stato suo aiuto nel film Per qualche dollaro in più. Sergio accettò subito, Valerii anche. Il copione era già rilegato e Tonino lo ha girato sapendo di avere l’occhio di Sergio Leone sulla schiena, quindi con un’attenzione e un’adesione alla sceneggiatura del tutto eccezionale.


Il protagonista, Henry Fonda, era un mito e Tonino si sentiva in soggezione nel dirigerlo, finché Fonda non lo prese da parte, lo pregò di considerarlo un attore come gli altri e dirgli quando non andava bene senza farsi problemi. Sergio Leone diresse come seconda troupe un paio di scene: quella del pisciatoio e un pezzo della giostra di paese (scena tra l’altro gonfiata e ridicolizzata da Sergio, quasi a voler dire che il film era un po’ una burla e non era da confondere con i suoi western diventati classici), ma quando chiese a Spielberg qual era il suo più bel film e quello gli rispose: Il mio nome é nessuno, che non aveva girato lui, fu uno choc. Sergio cominciò a dire in giro che, sì, insomma, il regista era Tonino Valerii, ma... Invece Sergio rimase a Roma,  mentre Tonino girava negli Stati Uniti e le due scene girate da Sergio furono fatte in Spagna. Insomma la regia è totalmente di Valerii, anche se, aderendo come una cozza alla sceneggiatura, ritmi e inquadrature sono simili a quelle tipiche di Leone. E io finalmente, come sceneggiatore, ho visto un film molto vicino alla sceneggiatura!”

L'ultimo libro di Ernesto Gastaldi
Edizioni Il Foglio Letterario - www.ilfoglioletterario.it

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