L’horror italiano è partito con grave ritardo rispetto ad altre cinematografie, ma, quando l’ha fatto, l’ha fatto innestando il turbo, accumulando in breve tempo film originali e significativi e consacrando autori apprezzati e imitati anche all’estero. Gordiano Lupi - scrittore e critico cinematografico con un curriculum comprendente una impressionante quantità di volumi - si è posto l’obiettivo di tracciarne la storia partendo dalle origini e arrivando ai nostri giorni, quando dell’horror italiano restano solo tracce ed episodi singoli. Storia del cinema horror italiano da Mario Bava a Stefano Simone Vol. 1 - Il Gotico (Edizioni Il Foglio, 224 pagine, € 15) è il primo volume di una serie che - come si legge nel piano dell’opera con cui inizia il libro - dovrebbe comprendere altri cinque volumi con un ritmo di due uscite all’anno, se l’iniziativa incontrerà il favore del pubblico. Gli altri volumi saranno questi: Vol. 2 - Dario Argento e Lucio Fulci; Vol. 3 - Joe D’Amato e il cannibal movie; Vol. 4 - Splatter, esorcistico e horror metropolitano; Vol. 5 - Horror Anni Ottanta; Vol. 6 - Horror Anni Novanta e Duemila.
Ogni libro, al di là di considerazioni generali, va giudicato sempre in relazione agli obiettivi che si prefigge. Il risvolto di copertina indica con evidenza gli intenti dell’autore che sono quelli tracciare una storia del cinema horror italiano senza pretese di completezza, ma puntando "a fare un po’ di ordine in un panorama poco studiato". Per far questo, Lupi ha scelto di ordinare la materia per registi, aderendo all’ormai consolidata consuetudine che vede nel regista il vero “autore” dei film, fermo restando che ogni film è comunque il risultato di uno sforzo collettivo. È una convenzione non priva di fondamento, nata dalla cosiddetta politique des auteurs a opera dell’allora critico Françoise Truffaut. Per quanto riguarda i nomi principali dell’horror esaminati nel libro, c’è da dire che tale convenzione si rivela del tutto veritiera: Riccardo Freda, Mario Bava, Antonio Margheriti - per nominarne solo alcuni - sono registi che danno un’impronta personale ai loro film, tale da contraddistinguerli in modo assoluto. In particolare Mario Bava, il cui stile è così unico e originale da aver dato luogo a imitazioni in ogni epoca e latitudine: il suo uso del colore, per fare solo un esempio, è rimasto proverbiale e l’aggettivo “baviano” è tradotto in tutte le lingue.
Lupi esamina la carriera horror dei registi principali - oltre a quelli su nominati anche Giorgio Ferroni (autore dell'indimenticabile Il mulino delle donne di pietra) - ma non trascura la miriade di registi che hanno realizzato film più o meno minori o si sono dedicati al genere in modo assai sporadico, spesso realizzando solo un film. Per ogni regista traccia la parabola della carriera dando specifico risalto, naturalmente, alle loro incursioni nell’horror, anche quando talvolta è solo un elemento tra i diversi che compongono un film: è il caso di diversi pepla, che spesso prendevano una deriva fantasy sconfinante nell’orrore puro. L’approccio è quello divulgativo: la scrittura è semplice e scorrevole e non mancano dati e aneddoti. Per ogni film trattato, viene esposta la trama (anche, ahimè, raccontandone più di qualche volta colpi di scena e finale: è una questione di preferenze personali, ma io meno so di un film che devo vedere e meglio sto), seguita da un commento critico e da un breve compendio dei pareri di altri critici per dare un quadro più completo dell’accoglienza ricevuta dal film. Inoltre - e questo è un aspetto sicuramente interessante - ci sono più di qualche volta le reminiscenze di Dardano Sacchetti ed Ernesto Gastaldi, relativamente a pellicole alle quali hanno collaborato come sceneggiatori. Gastaldi - autore tra l’altro del copione di La frusta e il corpo e L’orribile segreto del dr. Hichcock, due classici dell’horror italiano - scrive anche la simpatica introduzione al volume ed è protagonista di una delle tre interessanti interviste a cura di Emanuele Mattana - gli altri intervistati sono Dardano Sacchetti e Antonio Tentori - che chiudono il libro. Nell’insieme, il volume rappresenta una buona introduzione all’argomento e può essere senz’altro di interesse a chi voglia un agile compendio su una materia su cui c’è sempre molto da scrivere.
Ogni libro, al di là di considerazioni generali, va giudicato sempre in relazione agli obiettivi che si prefigge. Il risvolto di copertina indica con evidenza gli intenti dell’autore che sono quelli tracciare una storia del cinema horror italiano senza pretese di completezza, ma puntando "a fare un po’ di ordine in un panorama poco studiato". Per far questo, Lupi ha scelto di ordinare la materia per registi, aderendo all’ormai consolidata consuetudine che vede nel regista il vero “autore” dei film, fermo restando che ogni film è comunque il risultato di uno sforzo collettivo. È una convenzione non priva di fondamento, nata dalla cosiddetta politique des auteurs a opera dell’allora critico Françoise Truffaut. Per quanto riguarda i nomi principali dell’horror esaminati nel libro, c’è da dire che tale convenzione si rivela del tutto veritiera: Riccardo Freda, Mario Bava, Antonio Margheriti - per nominarne solo alcuni - sono registi che danno un’impronta personale ai loro film, tale da contraddistinguerli in modo assoluto. In particolare Mario Bava, il cui stile è così unico e originale da aver dato luogo a imitazioni in ogni epoca e latitudine: il suo uso del colore, per fare solo un esempio, è rimasto proverbiale e l’aggettivo “baviano” è tradotto in tutte le lingue.
Lupi esamina la carriera horror dei registi principali - oltre a quelli su nominati anche Giorgio Ferroni (autore dell'indimenticabile Il mulino delle donne di pietra) - ma non trascura la miriade di registi che hanno realizzato film più o meno minori o si sono dedicati al genere in modo assai sporadico, spesso realizzando solo un film. Per ogni regista traccia la parabola della carriera dando specifico risalto, naturalmente, alle loro incursioni nell’horror, anche quando talvolta è solo un elemento tra i diversi che compongono un film: è il caso di diversi pepla, che spesso prendevano una deriva fantasy sconfinante nell’orrore puro. L’approccio è quello divulgativo: la scrittura è semplice e scorrevole e non mancano dati e aneddoti. Per ogni film trattato, viene esposta la trama (anche, ahimè, raccontandone più di qualche volta colpi di scena e finale: è una questione di preferenze personali, ma io meno so di un film che devo vedere e meglio sto), seguita da un commento critico e da un breve compendio dei pareri di altri critici per dare un quadro più completo dell’accoglienza ricevuta dal film. Inoltre - e questo è un aspetto sicuramente interessante - ci sono più di qualche volta le reminiscenze di Dardano Sacchetti ed Ernesto Gastaldi, relativamente a pellicole alle quali hanno collaborato come sceneggiatori. Gastaldi - autore tra l’altro del copione di La frusta e il corpo e L’orribile segreto del dr. Hichcock, due classici dell’horror italiano - scrive anche la simpatica introduzione al volume ed è protagonista di una delle tre interessanti interviste a cura di Emanuele Mattana - gli altri intervistati sono Dardano Sacchetti e Antonio Tentori - che chiudono il libro. Nell’insieme, il volume rappresenta una buona introduzione all’argomento e può essere senz’altro di interesse a chi voglia un agile compendio su una materia su cui c’è sempre molto da scrivere.
Rudy Salvagnini
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