venerdì 27 maggio 2011

Mondo cane (1961) di Gualtiero Jacopetti



Regia di Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara e Franco Prosperi. Montaggio e commento di Gualtiero Jacopetti. Voce off di Stefano Sibaldi. Fotografia di Antonio Climati e Benito Frattari. Musiche di Riz Ortolani e Nino Oliviero. Organizzatore all’estero di Stanis Nievo. Prodotto e distribuito da Cineriz.

Marco Giusti è molto sintetico nel suo Stracult per raccontare un film importante come Mondo cane, ma dice una cosa vera quando afferma che rappresenta la nascita ufficiale del mondo movie. Jacopetti, Prosperi e Cavara realizzano un documentario sensazionalistico sullo stile dei cinegiornali informativi, incentrato su un florilegio di stranezze che si verificano nel mondo. La preferenza dei registi è indirizzata verso le immagini curiose, bizzarre, cruente, orripilanti, scioccanti, tutto ciò che non lascia indifferente lo spettatore. Il pregio fondamentale di Mondo cane sta nella profonda originalità e nell’aver inventato un nuovo modo di fare cinema. La discussione sulla veridicità degli eventi mostrati è ancora aperta, ma non è la cosa più importante. Paolo Mereghetti è deciso nel dire che gli episodi spacciati come reali il più delle volte sono frutto di montaggio o di ricostruzione. Non ne siamo così certi, ma non è importante la ripresa in diretta dell’evento quanto la documentazione storica di un fatto, pur ricostruito con dovizia di particolari. Jacopetti, in ogni caso, va oltre il documentario, concepisce il cinema come sensazione e momento drammatico per stupire lo spettatore. Il film ebbe un notevole successo internazionale, soprattutto per le scandalo prodotto da immagini che il pubblico non era abituato a vedere. L’incasso italiano fu di ben 800 milioni e convinse i registi a realizzare un seguito ufficiale come Mondo cane 2, ma aprì la strada anche a due tardi apocrifi come Mondo cane oggi – L’orrore continua (1985) di Stelvio Massi e Mondo cane 2000 – L’incredibile (1988) di Gabriele Cristanti.


La pellicola comincia con un lungo avviso scritto in caratteri gialli, mentre le immagini mostrano un canile dove le bestie abbaiano disperate e un accalappiacani trascina verso la morte un meticcio senza padrone. Jacopetti avverte il pubblico che le riprese sono vere anche se sembreranno sgradevoli, perché molte cose risultano amare su questa terra e il cronista non può addolcire la realtà, ma deve raccontarla obiettivamente. Gli episodi si susseguono con un montaggio rapido e una sceneggiatura priva di punti morti. Si parte con una commemorazione di Rodolfo Valentino, mito sexy del cinema, nella città natale di Castellaneta. Jacopetti mostra una serie di volti maschili degli anni Sessanta con un esperimento cinematografico pasoliniano per definire una tipologia maschile che veste in un certo modo, usa la brillantina e vorrebbe assomigliare al grande attore scomparso. Per contrasto subito dopo vediamo l’assalto delle fan al nuovo mito sexy, Rossano Brazzi, che viene addirittura spogliato. Jacopetti vuole calcare la mano su un fenomeno di costume per descriverlo fino in fondo, forse l’assalto a Brazzi è ricostruito, ma non è questo che interessa. Si sta parlando del divismo, del delirio femminile nei confronti di certi personaggi del cinema e il modo per rappresentare un fenomeno è cinematograficamente corretto.


Jacopetti, Prosperi e Cavara  ci conducono in Nuova Guinea, dove su spiagge da sogno, vige la caccia al maschio con le femmine che praticano la poliandria. La stessa caccia al maschio esiste nel mondo civilizzato, afferma il commento esterno, perché in Costa Azzurra le donne usano metodi più subdoli  e meno spontanei.
Siamo in Nuova Guinea e gli autori non potevano fare a meno di immortalare immagini curiose e raccapriccianti come la donna che allatta un maialino e una festa collettiva di ex cannibali dove si mangia maiale. Gli animali vengono divorati quasi crudi, cotti a mala pena sulla brace ardente, mentre i bambini giocano a palla con le vesciche. Non manca l’ironia nei confronti del potere: pure tra i selvaggi chi comanda deve mangiare senza dare a vedere che ha fame e poi i cani dei capi sono gli unici ad alimentarsi bene.
L’attenzione di Jacopetti si concentra sugli animali. In California vediamo un cimitero riservato ai cani, mentre a Formosa i cani sono allevati, cucinati e mangiati. A Roma assistiamo a una crudele colorazione di pulcini vivi per confezionare uova di Pasqua, a Strasburgo vediamo oche ingozzate in modo barbaro per ottenere il fois gras. In Giappone massaggiano i vitelli per rendere tenere le carni e danno birra da bere per ingrassare. Le donne della Nuova Guinea, invece, devono essere grasse per piacere al maschio poligamo e per questo mangiano tapioca. Negli Stati Uniti, per contrasto, la donna deve essere molto magra se vuol piacere all’uomo.


Jacopetti, Prosperi e Cavara filmano i mercatini rionali di Hong Kong dove si vendono coccodrilli, ramarri, serpenti, spesso spellati vivi e cotti sul momento. Ritroveremo certe scene nei film di Joe D’Amato con Laura Gemser nei panni di Emanuelle Nera. Il gusto per l’eccesso porta gli autori a riprendere scene (forse false) di un ristorante statunitense dove si servono formiche e altre prelibatezze a prezzi molto alti. In Malesia si mangiano serpenti, mentre a Cucullo, un paesino abruzzese, i serpenti vengono venerati durante una processione che ricorda il miracolo di San Domenico che tolse il veleno ai rettili e rese praticabili boschi e campagne.

Le superstizioni religiose del sud sono un altro tema interessante. Il venerdì santo a Nocera, un piccolo centro calabrese, vediamo il rito dei battenti che si flagellano le carni e cospargono con il loro sangue la strada dove passerà la processione. Le immagini sono montate per contrasto, alternando superstizione e modernità, tradizione e mondo contemporaneo, ma realizzano un mix scioccante che stupisce e fa pensare. A Sidney vediamo da un lato il religiosissimo esercito della salvezza che cura le anime e dall’altro l’esercito delle bagnine che si appresta a salvare i corpi dispensando baci per la respirazione.
Una parte di Mondo cane si occupa degli effetti devastanti della bomba atomica e ci porta in un luogo non precisato dell’Oceano Pacifico dove gli uccelli si nascondono in buche sotterranee e la modificazione ambientale ha prodotto alcune specie di pesci che vivono fuori dall’acqua. Realtà o fantasia non ha importanza, perché lo scopo di raccontare il disastro atomico è raggiunto e chi osserva le immagini pensa che uno sfacelo simile non dovrà più ripetersi. Una stupenda fotografia marina, accompagnata da voli di uccelli e musica suadente, caratterizza le sequenze più suggestive, forse aiutate da una costruzione tecnico - scenografica, ma efficaci. Vediamo uova di gabbiano e di sterna che non si schiuderanno perché l’atomo ha ucciso il seme della vita, mentre un altro effetto della contaminazione atomica è una tartaruga che ha perso l’orientamento. La sua agonia viene filmata passo dopo passo, fino a quando non si abbandona al sole della spiaggia e muove le branchie in un gesto disperato.
In Malesia scopriamo un cimitero sottomarino, perché la religione indigena afferma che il mare lava i peccati, ma i cadaveri diventano cibo per i pescecani che si abituano a mangiare carne umana. Vediamo la pesca degli squali e alcuni uomini mutilati dai famelici morsi, ma anche la terribile vendetta del villaggio sulla bestia che ha divorato un bambino. I pescatori danno la caccia allo squalo e gli mettono in bocca un riccio velenoso che lo farà morire dopo una lunga agonia.
Si torna a Roma dove vediamo cimiteri di frati cappuccini e un’arte decorativa composta di teschi che ricorda il cinema horror. Non crediamo che ci sia niente di vero sulla confraternita dei sacconi rossi che svolge macabri riti sull’Isola Tiberina, dove un cimitero di scheletri è affidato alle loro cure. Tutto questo ricorda I frati rossi (1988), un pessimo film di Gianni Martucci, che forse si è ispirato all’idea di Jacopetti. Per contrasto passiamo alle strade di Amburgo che mostrano una serie di bevitori di birra intenti a praticare il culto della vita, che tornano a casa ubriachi o dormono per strada.
Restiamo sorpresi leggendo il commento di Paolo Mereghetti che giudica sgradevole e ipocrita il commento della voce fuori campo, perché Jacopetti fa parlare le immagini assemblate con un preciso montaggio e scandite da una suggestiva colonna sonora, mentre il commento resta sempre nei limiti del consentito.
Passiamo in Giappone dove conosciamo le usanze di cura per il corpo a base di massaggi e lavaggi, ma anche il trucco funebre per i cadaveri e il denaro bruciato per ottenere un sicuro passaggio nell’aldilà.
Il commento fuori campo risulta debordante ed eccessivo quando Jacopetti racconta le usanze dei cinesi. Il regista afferma che i cinesi sono pigri, non ballano, non nuotano, ma sono bravi soltanto a letto e a tavola. Le immagini hanno il compito di confermare un assunto apodittico e mostrano gruppi di cinesi che festeggiano ogni evento con lauti pranzi. Pare quasi che Jacopetti avesse un conto in sospeso con i cinesi per parlarne in maniera così negativa e seguendo i più vieti pregiudizi e luoghi comuni. Forse è questa la parte più criticabile e meno attuale di Mondo cane, soprattutto quando mostra la casa della morte di Singapore e afferma che i cinesi mangiano anche se una persona che sta morendo e dicono al futuro cadavere: “Se non muori presto la tua buona cena diventa fredda!”. Il montaggio è a tema ed è proteso ad affermare un’assurda teoria anticinese.
Jacopetti mostra tutto il suo disprezzo nei confronti dell’arte contemporanea, paragonando il lavoro di uno sfasciacarrozze a quello di uno pseudo artista che compone sculture a base di lamiere, ma anche di un pittore come Klein che usa modelle umane in funzione di pennelli per comporre quadri completamente blu.
Siamo a Honolulu, nelle Haway,  per vedere le vacanze eccitanti di un gruppo di pensionati nel paradiso della danza e dell’amore. Jacopetti vuol far capire che il paradiso naturale di un tempo non è più tale, perché l’uomo l’ha distrutto, rendendo tutto artificiale. Vediamo un guerriero malese truccato da donna per una festa rituale, un toro decapitato a Singapore in segno di buon augurio e per l’onore di un battaglione. In Portogallo i tori scorrazzano liberi per le strade di una cittadina (Vilafranca di Scira) e gli uomini mostrano la loro virilità combattendo a mani nude. Jacopetti, Prosperi e Cavara filmano in diretta scene macabre con uomini uccisi e travolti dai tori. Non potevano mancare gli aborigeni della Nuova Guinea che l’uomo bianco ha portato fuori dalle caverne in tempi moderni. Il discorso di Jacopetti è dalla parte degli aborigeni e non ha niente di razzista come spesso è stato obiettato, perché l’uomo naturale viene modificato in peggio dalla modernità e perde la spontaneità. 
Mondo cane si chiude proprio con l’immagine degli aborigeni della Nuova Guinea, civilizzati e battezzati, ma che perdono il loro modo di essere uomini e si ritrovano a osservare il volo degli aeroplani come se fossero divinità. La pellicola si chiude con una stupenda fotografia di una notte australiana con i selvaggi che scrutano i misteri del cielo.
Tutto molto interessante e suggestivo, ancora oggi, a distanza di quasi cinquant’anni dalla prima visione. Per fortuna che la critica se ne sta accorgendo. Meglio tardi che mai…

Gordiano Lupi

Per leggere un bel libro su Jacopetti:

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