Regia: Eriprando
Visconti. Soggetto: Michele Prisco (romanzo omonimo). Sceneggiatura: Fabio
Mauri, Roselyne Seboue, Lisa Morpurgo, Luciano Lucignani, Eriprando Visconti.
Fotografia. Blasco Giurato. Montaggio: Kim ARcalli. Costumi: Clelia Gonzales.
Musiche: Ivan Vandor. Formato: 1.85. Colore. 35 mm.. Durata: 88’. Produzione:
Serena. Interpreti: Marc Porel (Fabrizio Sangermano), Stefano Satta Flores
(Giudice Marinoni), Carole Chauvet (Valeria, moglie di Fabrizio), Flavio Bucci (Vittorio,
l’amico medico), Duilio Del Prete (Marcello, avvocato di famiglia), Claude Jade
(Maria Teresa, moglie di Marcello), Martine Brochard (Lavinia, infermiera e
amante di Vittorio), Eleonora Giorgi (Lidia, fidanzata del Giudice Marinoni),
Corrado Gaipa (il patriarca della famiglia Sangermano), Marina Berti (Costanza
Sangermano), Barbara Piulavin (Madre del Giudice Marinoni), Victoria Zinny
(governante casa Sangermano), Anna Buonaiuto (cameriera), Roberto Posse (Molteni).
(La scheda del film è stata presa da Prandino
– L’altro Visconti di Colombo e Gerosa, Edizioni Il Foglio, 2018).
Una
spirale di nebbia è un thriller psicologico sceneggiato
sulla base del romanzo di Michele Prisco (1966), vincitore del Premio Strega e
basato su una serrata critica alla borghesia partenopea. Eriprando Visconti
legge l’opera dello scrittore, nota affinità con le tematiche che gli sono più
care, ambienta l’azione nella amata Lombardia e il gioco è fatto. Il regista
serve allo spettatore un piatto prelibato a base di crisi coniugali, famiglie
borghesi in disfacimento e netto rifiuto dell’istituzione matrimoniale. Tutti
temi già presenti nello stupendo debutto de Una storia milanese, qui molto stemperati e resi meno chiari da una
sceneggiatura non troppo felice. Non è facile
sintetizzare una trama basata sul racconto di alcune crisi coniugali borghesi,
un vero e proprio romanzo corale impaginato su diversi rapporti che si stanno
consumando su loro stessi per svariati motivi.
Nel corso di una battuta di
caccia, fuori dalla loro residenza di campagna, Fabrizio (Porel) uccide con un
colpo di fucile la moglie Valeria (Chauvet). Non ci sono testimoni, se non
indiretti. Maria Teresa (Jade), cugina di Fabrizio, è convinta che l’uomo sia
innocente. Marcello (Del Prete), avvocato di famiglia, segue il
caso dall’esterno e cerca di modificare il corso giudiziario. Il giudice Marinoni
(Satta Flores) indaga ma trova solo indizi e non certezze. Maria Teresa è
sposata con Marcello, presto scopriamo che il marito è impotente e nonostante
tutto sostiene di aver messo incinta la cameriera e vuole riconoscere il figlio
che la donna ha concepito con l’autista. Il film è sceneggiato in maniera
abbastanza confusa e ruota attorno alle indagini del Giudice Marinoni sul caso
di omicidio (colposo o volontario?), fino al finale aperto, inquietante e
suggestivo, nel quale il mistero resta avvolto da una spirale di nebbia. Visconti non è interessato tanto alla trama e
al successo di pubblico che potrebbe riscuotere un thriller ricco di colpi di
scena.
Non è il suo genere di film. Lo spettatore se ne rende conto dalle sequenze
esplicite di sesso e dai molti (persino troppi) nudi integrali di cui è
costellata la pellicola. Visconti vuol trasgredire, come sua regola, persino
infastidire, descrivere lo squallore di alcuni rapporti matrimoniali per
puntare il dito accusatore su un istituto che ritiene inutile e superato. Un
film mai così moderno come di questi tempi in cui il matrimonio è diventato uno
stupido gioco al massacro senza alcuna importanza di sacramento o di impegno
civile per costituire una famiglia. Visconti racconta famiglie disgregate,
mariti impotenti, compagni masochisti, mogli sadiche, fidanzate moderne che non
vogliono sposarsi, amanti delusi, rapporti rubati fuori dalle mura domestiche,
uomini vigliacchi e bugiardi. La borghesia è sul banco degli imputati, i
rapporti matrimoniali vengono fustigati come la tomba di un amore che si stempera
sempre più e finisce nel niente, in una
spirale di nebbia, appunto. E non è importante che quel colpo di fucile che
uccide Valeria sia stato sparato volontariamente – come pare – da Fabrizio,
quel che conta è che ha posto la parola fine a un rapporto che sarebbe dovuto terminare
molto tempo prima.
Attori bravi, dai francesi Porel, protagonista indiscusso, e
Chauvet, fino agli italiani Satta Flores e Giorgi (in un ruolo breve ma inteso
da fidanzata moderna del giudice), passando per Jade e Brochard, fino a un
insolito Del Prete. Ottima l’ambientazione milanese, tra brughiere e nebbia, in
una campagna ben fotografata nei suoi acquitrini fangosi e alberi resi spogli dal
gelo autunnale. Buone le parti teatrali e i dialoghi, anche se il film tarda a
mettersi in moto e risente di una partenza troppo lenta, resa ostica da un incedere per flashback. La tecnica di Visconti è ai massimi livelli, l’uso
continuo – persino eccessivo – del piano sequenza è il marchio del grande
regista che porta la macchina presa a indagare nelle camere borghesi dove si consumano
torbidi amori.
Il clima del film è malsano, grazie a personaggi sgradevoli che
mettono in luce tare ereditarie e realistici difetti umani. Il sesso esibito
non è mai gioioso e liberatorio alla Tinto Brass, ma cupo e angoscioso alla
Cavallone, dispensato a piene mani con voglia di trasgredire e di stupire, per
far assegnare al film un divieto ai minori che limita la presenza del pubblico. Una spirale di nebbia non è un film
facile, non va bene per tutti i palati e non è l’ideale per passare una serata
spensierata. Necessita di essere storicizzato, per una buona comprensione va calato nella
realtà italiana di fine anni Settanta, ma risulta più che mai moderno e attuale.
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