Comincia con questo post una rubrica che si pone come obiettivo la conoscenza divulgativa di una cinematografia vitale come quella cubana, che - specie dopo il 1959 - ha prodotto di grande interesse artistico, non solo apologetiche ma spesso critiche nei confronti della rivoluzione, capaci di anticipare cambiamenti e modifiche di costume di grande importanza. Per prima cosa vogliamo dare un quadro d’insieme, utile per inquadrare la storia del cinema cubano, dagli albori ai giorni nostri.
Gli albori del cinema (1897 – 1936)
L’Avana, capitale di Cuba, fu tra le prime città dell’America Latina dove giunse la novità tecnologica del cinema. Correva il gennaio del 1897. Rappresentante dei fratelli Lumiere fu Gabriel Veyre, vero e proprio ambasciatore dell’invenzione francese, ma anche realizzatore del primo film cubano - con ambientazione avanera - di cui si abbia notizia: Simulacro de incendio, girato nel 1897. La sporadica produzione cinematografica durante i primi vent’anni del secolo ebbe un carattere nazionalista e politico. Il principale pioniere della settima arte fu Enrique Díaz Quesada, della cui ampia produzione (El capitán mambí, La manigua o La mujer cubana, El rescate de Sanguily) è rimasto soltanto il corto documentario El parque de Palatino. Alla fine degli anni Venti si raggiunse una certa stabilità produttiva, ma i film non avevano grande qualità, erano opere artigianali, ingenue e di scarso valore artistico. In questo periodo, Ramón Peón, un altro dei principali fondatori della cinematografia cubana, realizzò il memorabile La virgen de la Caridad (1930), considerato da alcuni storici del cinema uno dei film latinoamericani più importanti del periodo. Dal 1920 esistevano notiziari periodici, alcuni dei quali sono conservati ancora oggi come le più importanti testimonianze audiovisive del passato.
L’avvento del sonoro (1937 – 1958)
La prima pellicola sonora venne realizzata soltanto nel 1937, sulla spinta del successo registrato dal romanzo d’appendice che veniva trasmesso alla radio. Il primo film prodotto fu Serpiente roja, diretto da Ernesto Caparrós e basato sugli episodi radiofonici del detective Chan Li Po, personaggio creato dal celebre Félix B.Caignet. In questo periodo storico la maggior parte dei prodotti cinematografici conteneva elementi musicali e di folclore, oppure imitava il teatro popolare, il melodramma messicano e i romanzi d’appendice radiofonici. I titoli di maggior successo furono Romance del palmar e Estampas habaneras. Nel 1938 il Partito Comunista fondò la Cuba Sono Film, che realizzò con regolarità il Notiziario Hoy, oltre a numerosi documentari e due cortometraggi di fiction. Negli anni Quaranta e Cinquanta vennero realizzate molte coproduzioni con il Messico, prodotti a basso costo e di scarso rilievo artistico. Si possono citare tra i migliori lavori Siete muertes a plazo fijo (1950) e Casta de roble (1953), entrambe diretti da Manuel Alonso, una sorta di monopolizzatore del cinema che sfruttava come industria personale. Nel 1951 venne creata la Sociedad Cultural Nuestro Tiempo, che comprendeva diversi artisti in seguito fondatori dell’Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografica (ICAIC). Nel 1955, Julio García Espinosa realizzò il corto documentario El Mégano, con la collaborazione di Tomás Gutiérrez Alea, Alfredo Guevara e José Massip, proponendo un nuovo cinema critico e problematico, che avrebbe contribuito alla creazione dell’ICAIC, dopo il trionfo della Rivoluzione, nel 1959.
I primi anni della Rivoluzione (1959 – 1969)
La Rivoluzione Cubana cambiò il modo di fare cinema creando l’ICAIC, sotto la direzione di Alfredo Guevara. La legge istitutiva della casa di produzione statale recitava: “Il cinema deve essere tutelato e promosso come il più potente e suggestivo mezzo di espressione artistica, il più diretto ed efficace veicolo di educazione e diffusione delle idee”. Nei primi tempi il cinema cubano si poteva raggruppare in tre settori: didattico, documentaristico e di fiction, a parte un dipartimento dedicato ai cartoni animati, creato nel 1960, contemporaneamente al Noticiero ICAIC Latinoamericano, realizzato da Santiago Álvarez. In generale i cineasti, per apprendere il mestiere, passavano dal genere didattico al documentaristico e soltanto dopo si dedicavano alla fiction. Nello stesso tempo giunsero a Cuba molte personalità del cinema mondiale che realizzarono importanti opere e insegnarono ai giovani cubani i segreti della tecnica. Ricordiamo la presenza a Cuba di registi e sceneggiatori come Roman Karmen, Chris Marker, Joris Ivens, Mijail Kalatozov, Agnes Varda, Cesare Zavattini e molti altri. Tomás Gutiérrez Alea diventerà il più importante regista cubano dopo aver diretto il primo lungometraggio di fiction, Historias de la Revolución, e dopo aver consegnato alla storia del cinema piccoli capolavori come Las doce sillas, La muerte de un burócrata e soprattutto Memorias del subdesarrollo. Tra i registi più importanti di questo periodo storico dobbiamo citare nomi imprescindibili come Julio García Espinosa (Aventuras de Juan Quinquín), Humberto Solás (Manuela, Lucía) e Manuel Octavio Gómez (La primera carga al machete), che si dedica soprattutto ai documentari ma li realizza con stile personale e originalità.
Il periodo grigio (1970 – 1981)
Il periodo che va dal 1971 al 1976 è stato definito il quinquennio grigio della cultura cubana, perché furono gli anni successivi al famoso discorso di Fidel Castro agli intellettuali: “All’interno della Rivoluzione è concesso tutto. Fuori della Rivoluzione niente”. Si veniva dal triste caso del poeta Heberto Padila, costretto a ritrattare e a fare pubblica ammenda per il suo libro Fuori dal gioco, critico nei confronti della Rivoluzione. Molti intellettuali europei avevano preso le distanze dalla svolta autoritaria del governo cubano, scrittori come Sartre, Moravia, Pasolini, Simone de Beauvoir, che l’avevano sostenuta sin dai primi momenti. Nel 1976 fu creato il Ministero della Cultura più per motivi di controllo ideologico che di promozione culturale. I film più interessanti di questo decennio si rifugiarono nel barocchismo visivo e concettuale, così come i registi più importanti decisero di valorizzare le esperienze culturali ed esistenziali del passato. Non era tempo di fare cinema sociale e di attualità, ma ci si rifugiava nel cinema storico e di costume con pellicole come Páginas del diario de José Martí di José Massip, Los días del agua di Manuel Octavio Gómez, Una pelea cubana contra los demonios, La última cena e Los sobrevivientes di Tomás Gutiérrez Alea, Maluala, El otro Francisco e Rancheador di Sergio Giral, Mella di Enrique Pineda Barnet, El hombre de Maisinicú di Manuel Pérez, El brigadista di Octavio Cortázar. Non mancarono esempi di film critici e più contemporanei che si proponevano di riflettere sul socialismo caraibico con un lavoro introspettivo, ma furono pochi e concepiti in pieno solco rivoluzionario. Citiamo Un día de noviembre di Humberto Solás, Ustedes tienen la palabra di Manuel Octavio Gómez, Retrato de Teresa di Pastor Vega e De cierta manera di Sara Gómez. In quel periodo debuttò con successo il cartone animato Elpidio Valdés di Juan Padrón, comico ma di argomento storico, pensato per raccontare divertendo le guerre di indipendenza. Una produzione notevole a livello cinematografico fu Cecilia di Humberto Solás, il più importante film di argomento storico girato nel 1982.
Gli anni dello sviluppo e la commedia di costume (1982 – 1990)
Gli anni Ottanta sono stati importanti per il cinema cubano che incentivò la produzione come quantità senza rinunciare alla qualità. Tre lungometraggi di fiction all’anno è una media sorprendente per una cinematografia in sviluppo. Tra i lavori più importanti e costosi del periodo citiamo Cecilia, lungometraggio di argomento storico che impegnò Humberto Solás dal 1981 al 1982. La pellicola reinterpretava in maniera polemica e personale un racconto mitologico sulla nascita della razza cubana. Dopo questo lungometraggio l’ICAIC decise di dare un maggior impulso alla produzione, dando spazio a nuovi nomi nel campo della fiction, e cercò di riprendere contatto con il grande pubblico, ricorrendo ad alcune commedie di costume e di argomento contemporaneo come Se permuta e Los pájaros tirándole a la escopeta, seguita da una lunga serie di titoli che torneranno a riempire le sale come Una novia para David, Plaff o Demasiado miedo a la vida e La bella del Alhambra, che possiamo citare tra le migliori del periodo. Si cercava soprattutto di restituire al cinema il suo posto come arte popolare e poteva farlo solo la commedia di costume che affrontava argomenti di attualità. In questo periodo ebbe grande successo un cinema di genere che stabilì un nuovo rapporto con il pubblico, ma non mancarono opere introspettive (Papeles secundarios e Hasta cierto punto), storiche (Amada, Un hombre de éxito, Clandestinos), senza dimenticare il documentario, che conobbe un vero e proprio momento di splendore con le opere di Marisol Trujillo, Enrique Colina, Jorge Luis Álvarez, Oscar Valdés e il sempre valido Santiago Álvarez. Tra il 1980 e il 1989 l’ICAIC ha partecipato alla produzione di 70 lungometraggi di fiction, 44 diretti da registi cubani.
La fine del socialismo reale - Il cinema del periodo speciale (1991 - 1999)
Alla fine degli anni Ottanta si verificarono molti cambiamenti nel mondo, ma il più importante fu senza dubbio la fine del socialismo reale nell’Europa dell’Est. Il primo film capace di testimoniare una situazione che per Cuba stava diventando difficile è stato Alicia en el pueblo de maravillas (1990) di Daniel Diaz Torres. Il problema più sentito del periodo fu la mancanza di fondi per l’industria cinematografica che rimase senza soci commerciali. L’ICAIC passò un periodo piuttosto duro fatto di coproduzioni e di autofinanziamento. In un primo periodo si continuò a seguire il percorso tracciato negli anni Ottanta, producendo ottimo cinema storico (El siglo de las luces, 1992, di Humberto Solás ma anche Hello Hemingway, 1990, di Fernando Pérez) e buone commedie di costume dal contenuto critico (Adorables mentiras, 1991, di Gerardo Chijona). Il resto della produzione si caratterizzò per una nuova impostazione delle utopie, per il disincanto rivoluzionario e per tematiche come l’emigrazione e la sopravvivenza in tempi di periodo speciale. I due grandi titoli del periodo, secondo la critica nazionale e straniera, furono Fresa y Chocolate (1993, di Tomás Gutiérrez Alea e Juan Carlos Tabío) e Madagascar (1994, di Fernando Pérez) anche se non mancarono opere molto popolari come Kleines Tropicana, Zafiros, locura azul e Un paraíso sobre las estrellas, né pellicole sperimentali come Pon tu pensamiento en mí, El elefante y la bicicleta e La ola.
Tempi moderni (2000 – 2010)
I primi cinque anni del nuovo secolo mostrano il solito declino produttivo degli anni Novanta in termini quantitativi, dovuto ai gravi problemi economici dell’Isola dopo la fine del blocco socialista, che non risparmiano il cinema. Nello stesso tempo si registra un vuoto incolmabile di tipo qualitativo per la scomparsa di alcuni tra i migliori registi cubani come Tomás Gutiérrez Alea, Santiago Álvarez e Humberto Solás. Alfredo Guevara, uno dei principali fondatori del progetto ICAIC, si è dimesso da presidente dell’Istituto Cinematografico Cubano ma dirige ancora il Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano. All’interno dell’ICAIC è stato costituito il Comitato dei Progetti, un’organizzazione utile per sostenere la creatività degli autori nazionali, così come sono importanti le Mostre Nazionali dei Nuovi Registi. Juan Carlos Tabío è ancora molto attivo e si impegna in due coproduzioni di successo con la Spagna (Lista de espera e Aunque estés lejos), mentre Fernando Pérez e Humberto Solás, sempre grazie a coproduzioni e con mezzi molto scarsi, hanno accentuato la loro poetica personale con Suite Habana e Miel para Oshún. Tra scarsità di risorse e problemi di vario tipo, riescono a girare qualche pellicola registi a lungo inattivi e realizzano le prime fiction alcuni documentaristi di valore come Enrique Colina, Juan Carlos Cremata e Rigoberto López.
Gordiano Lupi
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