di Ugo La Rosa
Regia: Ugo La Rosa. Soggetto e Sceneggiatura: Amedeo Sollazzo e Ugo La Rosa. Distribuzione: Film Arte (regionale). Fotografia: Fausto Zuccoli, Leo Sarola, Alberto Marrama. Scene e Montaggio: Ugo La Rosa. Costumi: Lilli Menichelli. Operatori alla Macchina: Franco Filippini, Alberto Marrama, Ubaldo Terzano. Aiuto Regista: Ernesto Natalello. Musica: Gino Peguri. Teatri di Posa: Istituto Luce s.p.a. (Roma). Produzione: Ugo La Rosa. Sincronizzazione: International Recording Studios. Tecnico del Suono: Renato Cadueri. Negativi: Eastmancolor. Interpreti. Quelli che partono: Carlo Sposito, Nino Terzo, Enzo Andronico, Francine Rhosan, Armando Carini, il complesso Bumpers. Quelli che restano: Franco Franco, Ciccio Ingrassia. Franco Failla con il complesso I Beats canta Bravi ragazzi.
Ugo la Rosa (1925) è un giornalista e regista teatrale che lavora nel cinema soprattutto come documentarista, dirigendo tra il 1963 e il 1979 molti cortometraggi di argomento siciliano. Ricordiamo: La Sicilia di Giovanni Verga, La Sicilia di Renato Guttuso, I Ragazzi di Palermo, Siracusa nell’età classica, Castelli siciliani. Alcuni documentari parlano di Roma, come Il Tevere da Roma al mare e Roma giacobina, altri sono di argomento generalista (Il bambino e la pubblicità, L’incontro, La loro luce). Roberto Poppi nel pregevole Dizionario del cinema italiano riferisce che l’unica incursione nel cinema a soggetto è I zanzaroni, mentre altre fonti gli attribuiscono anche L’isola dei ragazzi meravigliosi (1964), una via di mezzo tra il documentario e le pellicola a soggetto. I zanzaroni è un film introvabile, distribuito soltanto in Sicilia, diviso in due tempi - episodi: Quelli che partono e Quelli che restano. Il primo tempo vede quattro siciliani (Carlo Sposito, Nino Terzo, Enzo Andronico, Armando Carini) presi in giro da una svedese (Francine Rhosan ) con la quale speravano di passare una notte d’amore. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia interpretano la seconda parte che si può vedere in rete, grazie a Youtube. Il tema è il teatri dei pupi, la salvaguardia della tradizione, di una sicilianità che non deve morire. Ciccio è un puparo, Franco è l’ultimo degli spettatori, che ogni giorno si presenta al teatrino di Piazzetta delle Rose alla Gioia Mia, dove c’è un’immagine di Santa Rosalia, consegna cinquecento lire al proprietario ed entra per assistere alla rappresentazione. L’episodio mette in scena in maniera molto teatrale un battibecco tra Franco e Ciccio su come va impostata la recitazione dei pupi, sugli errori storici e nella caratterizzazione dei personaggi. Franco Franchi regala una sublime prova di fisicità ed espressività, da marionetta umana, quando mostra a un allibito Ciccuio come deve muoversi un pupo. Cita il grande Totò, regalando al pubblico un pezzo da antologia della comicità teatrale e dell’avanspettacolo che rende omaggio alla nobile arte dei pupi. Il teatrante invita il pubblico con i metodi d’un tempo, racconta la storia con cartello e disegni, quindi comincia la recita di fronte a un solo spettatore. La tradizione non deve morire, anche se il puparo rischia di desistere: “L’opera è morta e io sono l’unico spettatore”, dice Franco con amarezza. Pregevole la parte centrale, da teatro drammatico, dove la maschera di Ciccio assume toni da tragedia, quando tutto sembra finire, ma solo per un istante. Il messaggio di La Rosa è chiaro: accada quel che accada il teatro dei pupi non deve chiudere i battenti. Franco piange durante la recita, segue le gesta di Orlando, Carlo Magno, Rolando, freme per loro, fa capire che non vuole assistere alla morte della tradizione siciliana. Finisce che pupario e spettatore si mettono in società, uniscono la loro passione, e portano a frequentare il teatro un sacco di giovani. Forse è il sogno del regista, rivitalizzare un teatro in crisi che i ragazzi non apprezzano, ma è anche un omaggio al successo di Franco e Ciccio che conquistano i cuori dei giovani italiani. Ugo la Rosa sceneggia e dirige un film teatrale, poetico e suggestivo, un vero e proprio omaggio alla sua terra, che Franchi e Ingrassia interpretano con passione e bravura, anticipando un’opera importante come Che cosa sono le nuvole (1968) di Pier Paolo Pasolini. Un film molto siciliano, in quattro colori, con intense tonalità pastello che ricordano il cinema di Mario Bava e le pellicole psichedeliche degli anni Sessanta. I dizionari di cinema omettono colpevolmente di citare un film interessante. Unica eccezione Pino Farinotti, che lo ribattezza Gli zanzaroni (italianizzando un titolo siciliano), ma concede solo due stelle e si limita a sintetizzare la trama dei due episodi. Marco Giusti ne parla senza averlo visto ma ammette che si tratta di un titolo da recuperare. Grazie a Internet è possibile.
Per vedere l'episodio con Franco e Ciccio: http://www.youtube.com/watch?v=UbNpx-D4OUA
Gordiano Lupi
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