Regia: Marco Vicario. Soggetto e Sceneggiatura: Marco Vicario.
Fotografia: Sandro D'Eva. Montaggio: Nino Baragli. Musiche: Armando Trovajoli.
Produzione: Atlantica Cinematografica Produzione Films
- Filmindustria - Telcia Films - Terra Film Produktion.
Paesi Produzione: Italia - Francia. Genere: Commedia - Sentimentale. Durata: 98’.
Interpreti: Lando Buzzanca (Don Salvatore), Rossana Podestà (Silvia),
Salvo Randone (Don Clemente), Magali Noel (signora Bellini), Luciano Salce
(Monsignor Torelli), Silvia Dionisio (Luciana Bellini), Mariangela Melato
(prostituta), Wendy D’Olive, Pietro De Vico (sacrestano), Isabella Savona,
Emilio Bonucci, José Cruz, Karin Schubert (ragazza bionda), Katerina
Lindfelt, Enrico Maria Salerno (Don Calogero), Barbara Bouchet (signora
Marchio), Patrizia Gori, Ely Galleani, Wolfang Hillinger, Margherita
Horowitz, Nerina Montagnani, Adalberto Rossetti, Eugene Water.
Marco Vicario (1925) scrive, dirige e produce (con la sua
Atlantica) un buon film, molto nelle sue corde, a metà strada tra l’erotismo
conturbante e la denuncia sociale, con interessanti risvolti
sentimentali. In breve la trama. Lando Buzzanca è Don Salvatore,
un giovane sacerdote siciliano trasferito a Roma per fare da
vice parroco a Don Clemente (Randone), entra in contatto con la
viziosa borghesia della capitale. Molte ragazze frequentano la parrocchia
solo per concupirlo, si fanno confessare per rivelare particolari
piccanti e relazioni peccaminose che mettono in crisi la vocazione del
prete. Don Salvatore si innamora, ricambiato, di Silvia
(Podestà), prostituta redenta, ma vorrebbe sposarsi e continuare a fare il
prete, cosa che i superiori non possono concedere. Sarà la donna ad
abbandonarlo con una lettera piena di sentimento dove confessa di aver capito
quanto sia importante per il parroco la missione sacerdotale.
Un film di denuncia, sin troppo spinto per il periodo storico, non
tanto sul versante erotico quanto per contenuti polemici, anticlericali e
antiborghesi. Vicario inaugura la vena legata all’erotismo che lo porterà a
firmare piccoli capolavori come Paolo il caldo, Homo
eroticus, Moglieamante, senza dimenticare il problema
del celibato dei preti e una piaga sociale come la corruzione della
borghesia. In definitiva il solo personaggio femminile positivo è la
prostituta, innamorata del parroco, che Rossana Podestà interpreta con
bravura, mentre le ragazzine viziate e viziose (su tutte Dionisio), figlie
di cotante madri (Noël, Bouchet) sono descritte come un coacervo di peccati
trasmessi per via ereditaria. “Tu puoi smettere quando vuoi” dirà Buzzanca alla
puttana “le altre che vengono a confessarsi no, perché il vizio fa parte
della loro natura”. San Paolo, ma anche il Vangelo, il messaggio di Cristo
che salva la Maddalena sono alla base del discorso narrativo di un regista
che mette all’indice i vizi privati mascherati da pubbliche virtù. Non crediamo
che la storia sia soltanto una scusa per mostrare qualche nudo -
come afferma Paolo Mereghetti - perché il regista è molto parco nell’esibire,
mentre preferisce lanciare affermazioni scomode e controcorrente.
La seconda
parte del film è sbilanciata sul versante sentimentale, con Trovajoli che imposta
la colonna sonora in senso romantico, ma il finale realistico, con la
prostituta che decide di lasciare il prete al suo destino, conferisce credibilità.
Molte parti oniriche ricche di ralenti e flashback,
alcune dal taglio fantastico, servono a mettere in scena i desideri del
parroco, le pulsioni erotiche e l’ansia di avere l’amore terreno accanto a
quello divino. Buzzanca ricorda le torbide confessioni, i discorsi erotici, i
rapporti omosessuali rivelati in segreto, il peccato eletto a sistema di
vita dalle ragazzine borghesi e trascorre notti insonni. Salvo Randone è
il prete accomodante, uso ai compromessi, che teme la carica rivoluzionaria del
giovane parroco; Luciano Salce rappresenta la gerarchia ecclesiastica
che predica bene e razzola male (“Devi scegliere tra spretarti e avere una
donna, oppure fare il prete come me!”), visto che in segreto manda avanti
relazioni erotiche; Enrico Maria Salerno è il prete psicologo che indaga sulle
pulsioni del giovane parroco.
Un vero e proprio gineceo di attrici, non
ancora famose, ricordiamo Mariangela Melato in una breve apparizione da prostituta,
ma sono brave anche Barbara Bouchet, Silvia Dionisio e Magalì Noël.
Due rapide incursioni per Karin Schubert, in apertura a bordo dell’aereo e
subito dopo motorizzata, mentre Ely Galleani e Patrizia Gori non
sono neppure accreditate. Vicario accenna polemicamente alla rivoluzione
sessantottina: “Questi ragazzi contestano tutto perché sono infelici”, fa dire
alla Bouchet.
Mette alla berlina il celibato sacerdotale mostrando i
seminaristi eccitati di fronte a spettacoli osceni, ma anche un prete in crisi nonostante
la fede per colpa di una mancanza fisiologica. “In seminario molti entrano per
fame, senza vera vocazione”, scrive Vicario in un altro passaggio
rischioso della sceneggiatura. Non manca un attacco ai politici - in questo
caso gay - che approfittano del potere per modificare le carriere delle persone
che usano. Alcuni passaggi ricordano situazioni scabrose che rivedremo in
un film di Lucio Fulci, interpretato da Lando Buzzanca: All’onorevole
piacciono le donne (1971). Vicario stigmatizza il divario sociale
tra provincia sicula e vita della capitale, mostra il disagio di un giovane
parroco di campagna alle prese con i problemi della grande città. Un film di
grande attualità, invecchiato bene, perché i problemi che affronta sono lontani
dall’essere rimossi. Da recuperare.