di Mario
Mattòli
Regia: Mario Mattòli. Soggetto e Sceneggiatura:
Ruggero Maccari, Stefano Vanzina (Steno), Furio Scarpelli, Agenore Incrocci
(Age). Fotografia: Anchise Brizzi. Montaggio: Gisa Radicchi Levi. Scenografia:
Alberto Boccianti. Costumi: Giuliano Papi. Produttori: Isidoro Broggi, Renato
Libassi. Musiche: Michele Cozzoli, Johnny Dorelli, Renato Carosone. Durata. 86’. Comico. Bianco e Nero.
Interpreti: Totò, Peppino De Filippo, Aroldo Tieri, Mario Riva, Johnny Dorelli,
Renato Carosone, Alessandra Panaro, Diana Dei, Rosalia Maggio, Enzo Garinei,
Giacomo Furia, Peppino De Martino, Yvette Masson, Fanfulla, Antonio La Raina.
Doppiatori: Massimo Turci (Johnny Dorelli), Maria Pia Di Meo (Alessandra
Panaro).
Antonio Vignarello (Totò) e Peppino Caprioli (De
Filippo) finiscono in manicomio per colpa del logorio della vita moderna, ma
soprattutto per via di familiari incontentabili, di capi ufficio
indisponenti, di donne troppo disinibite e di vere e proprie manie che rendono
la vita difficile. Il film è strutturato come una commedia a episodi tenuta
insieme dal blando collante del racconto che Totò e Peppino fanno a un allibito
direttore della clinica (Tieri). Aroldo Tieri ascolta le vicissitudini e
gli equivoci che hanno distrutto la vita ai due amici, ma a un certo punto mostra
come anche lui sia vittima di una mania: ama cucinare manicaretti di cui
subito dopo si libera perché mangia solo un panino. Le fanatiche sarebbero le mogli dei due malcapitati, ma anche le
figlie, insomma, le donne che frequentano la loro vita. Antonio e Peppino si
conoscono per colpa di un incidente causato dalla loro dabbenaggine,
campeggiano in un boschetto in attesa di soccorsi e non riescono a combinare
niente con due turiste tedesche per colpa di una mania delle mogli: i
tranquillanti americani. Niente è salvo, neppure l’onore, perché Antonio e
Peppino si addormentano.
Gli elettrodomestici sono la seconda mania che rovina
la vita di Antonio, costretto a pagare esose cambiali prima di vendicarsi della
moglie. Gli hobby sono la croce di Peppino, sfruttato dal capo ufficio Mario
Riva come domestico, con la scusa di trovargli un passatempo divertente. Le
maggiorate che lavorano nell’ufficio di Antonio sono un altro elemento di
modernità che contribuisce a far passare dei brutti momenti al povero
impiegato, sorpreso dalla moglie e malmenato dalla bella ragazza. Infine la
beneficienza, altra mania che colpisce i nostri amici, costretti a vendere
biglietti di uno spettacolo dove tutti entrano gratis e a piazzare spille
per i poveri orfanelli. Il finale vede i due amici vendicarsi dei familiari e
scappare dal manicomio dopo averci rinchiuso i parenti: “Un po’ per uno non fa
male a nessuno!”.
Il film presenta un’interessante struttura a episodi,
sceneggiata da alcuni mostri sacri del periodo (Steno, Age, Scarpelli, Maccari),
ma presenta anche divagazioni da musicarello
per la presenza di Johnny Dorelli (doppiato da Massimo Turci quando recita) e
di Renato Carosone che interpretano alcuni pezzi del loro repertorio (Tu vo’ fa’ l’americano, Calypso, Torero...). Un episodio anticipa la commedia sexy, anche se in
maniera molto casta, perché la sceneggiatura gioca sull’equivoco tra il
regalo di compleanno a sorpresa della moglie e il seno della maggiorata. Molte battute
di Totò non presentano lo smalto dei film migliori ma sono efficaci e
l’affiatamento con Peppino De Filippo è ad alto livello. Totò alle turiste
tedesche: "” siete scapole. Noi siamo scapoli. Perché non facciamo
una bella scapolata? Poi da cosa nasce cosa...”. Totò al negoziante. ?Come
tratto la tratta se non so di che si tratta?”.
Mattòli e gli sceneggiatori
criticano modernità e mode, la prima pubblicità televisiva che spinge a comprare
di tutto (frigorifero, forno, lavatrice, phon, rasoio elettrico...), il
rudimentale consumismo fine anni Cinquanta, gli hobby, gli spettacoli di
beneficienza e le passioni americane. L’episodio dell’hobby
presenta un chiaro riferimento al Tom Sawyer di Mark Twain quando
convince gli amici che dipingere la staccionata è un passatempo divertente.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (una stella e
mezzo): “IL film più brutto della coppia dove i due attori appaiono malinconicamente pieni di buon senso (Fofi), tutti
preoccupati di assecondare le leggi e di non infrangerle con la loro comicità.
Unici sprazzi di genialità, una sequenza in cui i personaggi parlano soltanto
attraverso fumetti che appaiono sulla loro testa e le disavventure prefantozziane di Peppino, costretto dal
suo capufficio (Riva) a fargli da imbianchino e giardiniere”. Morando Morandini
(una stella e mezzo per la critica, tre stelle per il pubblico): “Una collana
di barzellette, poche idee, regia incolore. Solo Totò e Peppino offrono qualche
momento esilarante”. Pino Farinotti concede tre stelle, che condivido, perché
anche se il film non è un capolavoro, Totò e Peppino sono come il re Mida,
trasformano in oro (leggi comicità) ogni cosa che toccano.
Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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