giovedì 19 dicembre 2019

Per conoscere Nino D'Angelo - 3


Tradimento (1982) di Alfonso Brescia




Regia: Alfonso Brescia. Soggetto: Francesco Calabrese. Sceneggiatura: Enzo Gicca, Alfonso Brescia. Fotografia: Silvio Fraschetti. Montaggio: Carlo Broglio. Produttori: Francesco Calabrese, Alfonso Brescia. Scenografia: Francesco Calabrese. Costumi: Valeria Valenza. Musiche: Eduardo Alfieri. Direttore di Produzione: Antonio Pittalis. Aiuto Regista: Gianfranco Pasquetto. Casa di Produzione: I.M.P.P.. Ispettore di Produzione: Gino Minopoli. Segretari di Produzione: Francesco Raffa, Angelo Corrieri. Distribuzione: Cidif. Operatore di Macchina: Federico Del Zoppo. Assistente Operatore: Franco Fraschetti. Segretaria di Edizione: Federica Valenza. Fonico: Fabio Ancillai. Trucco: Massimo De Rossi. Parrucchiera: Placida Capranzano. Sarta: Anna Onorati. Attrezzista: Antonio Rinaldi. Assistente al Montaggio: Anna D’Angelo. Sincronizzazione: Cinefonico Cinecittà. Sartoria: Ditta Ferroni. Arredamento: Postiglione. Tappezzeria: Ditta D’Angelo. Pellicola: Kodak Eastmancolor. Sviluppo e Stampa: Technicolor. Teatri: De Paolis Incir (Roma). Titoli Effetti Ottici: Moviecam 2000. Burattini: Baracche e Burattini di Lia Amoroso. Canzoni: Acquarello Napoletano (Benedetto - Bonagura), edizioni Nationalmusic, canta Mario Merola; Ndringhetendrà (Cinquegrana - De Gregorio), edizione A.B.C. - Gennarelli, canta Mario Merola, Tradimento (Alfieri - Palomba), edizione A.B.C., canta Mario Merola; Ballammo (V. Annona - De Paolis - D’Angelo), edizione Gesa Sas Milano, canta Nino D’Angelo;  Che si pe’ me (R. Fiore - De Paolis - D’Angelo), edizione Gesa Sas Milano, canta Nino D’Angelo. Interpreti: Mario Merola (Gennaro La Monica), Nino D’Angelo (Nino Esposito), Ida Di Benedetto (partecipazione straordinaria - Carmela, moglie di Gennaro), Antonio Ferrante (avvocato Colantuoni), Tommaso Bianco (Totonno, il mago dei bambini), Gianni Ciardo (assistente avvocato), Rita Binetti (compagna assistente avvocato), Roberta Olivieri (Rosalia), Lucio Montanaro (Ciccio, amico di Nino), Antonio Allocca (Don Salvatore), Benito Artesi, Salvatore Puccinelli, Pamela, Nello Pazzafini (Pasquale Ruoppolo), Isa Marlene, Enzo Berri, Marta Zoffoli (la piccola Titina), Ghigo Masino (giudice), Regina Bianchi (Assunta, madre di Gennaro).


Celebrità di Ninì Grassia lancia il personaggio di Nino D’Angelo al cinema, proponendolo come erede e innovatore della sceneggiata, rendendolo così popolare che un regista - produttore scaltro come Alfonso Brescia lo vuole come partner d’eccezione di Mario Merola in due sceneggiate pensate per il cinema insieme al sodale Francesco Calabrese. Alfonso Brescia (Roma, 1930 - 2001) è un terrorista dei generi, uno dei tanti che hanno caratterizzato il vitale cinema degli anni Settanta e Ottanta, autore di circa sessanta film, tutti B-movie, che vanno dal thriller alla sceneggiata, passando per peplum, poliziottesco, fantascienza e bellico. Figlio di un produttore, lui stesso spesso produce i film che sceneggia e dirige, andando quasi sempre sul sicuro, con generi di successo e costi contenuti. Regista di buona tecnica, appresa alla scuola di Federico Fellini e Sergio Leone, lo ricordiamo come sceneggiatore di molti film interpretati da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia e per il Merola movie, sottogenere della sceneggiata napoletana di cui può dirsi deus ex machina. Tra i suoi titoli ricordiamo il debutto con La rivolta dei pretoriani (1964), Il tuo dolce corpo da uccidere (1970), Ragazza tutta nuda assassinata nel parco (1972), L’eredità dello zio buonanima (1974), L’adolescente (1976), L’ultimo guappo (1978), Zappatore (1980), I figli … so’ pezzi ‘e core (1981), Omicidio a luci blu (1991). Il suo ultimo film è Club vacanze (1995), autoprodotto e fallimentare, in un periodo storico che vedeva ormai la fine del cinema di genere.


Alfonso Brescia si fa venire l’idea di unire un simbolo di Napoli come Mario Merola, cantante e attore di successo, alla stella emergente Nino D’Angelo e il risultato è tutto sommato buono, se pensiamo che la storia deve restare nei limiti di un genere codificato da determinate regole. In breve la trama. Brescia e Calabrese raccontano la storia di una povera famiglia napoletana composta da Gennaro (Merola), venditore abusivo di brodo di polipo, Carmela (Di Benedetto), gestore di un chiosco di bibite, Titina che frequenta la scuola elementare e Rosalia, sorella minore di Carmela. Gennaro non riesce a ottenere la licenza di venditore a causa di vecchi conti in sospeso con la giustizia, mentre la camorra lo perseguita chiedendo un pizzo che lui rifiuta di pagare. La madre di Gennaro (Bianchi) paga un losco individuo per cercare di far ottenere la licenza al figlio, togliendo i carichi penali pendenti. Carmela paga il pizzo per non avere problemi, quindi protegge il marito cercando di ottenere l’amicizia di un sordido avvocato (Ferrante), che prima cerca di approfittare di lei, quindi la fa passare per una malafemmina. In questa storia principale si inserisce la sottotrama di Nino (D’Angelo) e Rosalia (Olivieri), innamorati contrastati da Gennaro che non vuole avere rapporti con un giovane mariuolo convinto di sfondare come cantante. Finale melodrammatico, che vira bruscamente in comico, dopo il processo con Carmela, rea confessa di cose che non ha commesso, malafemmina per salvare il marito dalla galera, con la complicità di un buffo (ma equo) giudice fiorentino (Masino) che condanna il camorrista violento (Pazzafini). Si rispettano tutti i canoni della sceneggiata (isso, issa e o malamente) con il marito tradito - pure se non è vero - che caccia di casa la moglie, precipita nel baratro del disonore, quindi comprende e torna insieme a lei, di nuovo felice come un tempo, senza carichi pendenti, con un negozio legale di polipo dove si canta, si ride e si balla.


Tradimento è sceneggiata napoletana a tutti gli effetti, colonna sonora di Eduardo Alfieri, intervallata da canzoni interpretate da Mario Merola, dalle struggenti Tradimento e Acquarello Napoletano, per finire con la comica Ndringhetendrà, quando il melodramma vira in pochade e tutto termina con la più classica delle bagarre, che prevede tutti gli attori sulla scena. Nino D’Angelo ci mette del suo cantando in discoteca Ballammo, davanti alla sua bella, e replicando con Che si pe’ me, ma non è lui il protagonista, il suo ruolo (pur efficace) è pensato come spalla di Merola, come sostegno per invogliare i giovani ad andare al cinema. Un film di impianto teatrale, come ogni sceneggiata che si rispetti, molto convenzionale, con ruoli stabiliti e certi, dove il confine tra buono e cattivo è netto e subito comprensibile. Attori ben calati nelle interpretazioni. Regina Bianchi è la madre coraggiosa e disperata, tutta casa e chiesa, preoccupata e devota, ruolo della sua vita, che replica la parte sostenuta in Celebrità. Ida Di Benedetto è la bellezza prosperosa napoletana, la donna del protagonista, la moglie dedita alla famiglia, che regge sulle sue spalle una situazione difficile e che si accusa per proteggere il suo uomo. Mario Merola è il padre duro e inflessibile, capo famiglia d’un tempo, violento ma buono, inflessibile ma in fondo dal cuore tenero, pervaso da un senso della giustizia e dell’onore che provengono da secoli di tradizione. Nino D’Angelo non è protagonista ma si ritaglia un ruolo da scugnizzo lestofante con vocazione musicale e animo buono che ha una sua valenza nell’economia della pellicola. Ricordiamo la sua storia d’amore con Rosalia (una diligente Olivieri), alcune canzoni e soprattutto la scena madre quando va in ospedale dalla signora anziana scippata per restituire la borsa. Una sequenza riuscita lo vede testimone oculare dello scontro al coltello tra Merola e Pazzafini che per lui finisce con un emblematico pestaggio, ben diretto da Brescia che lo rende credibile come se fosse un poliziottesco. Nino ruba solo ai camorristi e a chi se lo merita, in fondo è un bravo ragazzo e sa che presto farà successo con la musica. Il suo personaggio è rispettato in pieno. Bene il cast di contorno, da un antipatico avvocato reso al meglio da Ferrante, per finire con il divertente giudice fiorentino (Masino), passando per il camorrista (Pazzafini), Totonno il mago dei bambini (Bianco) e la figlia di Gennaro (Zoffoli). 


Tra le cose migliori la realistica ambientazione napoletana - pur con toni da fiaba canora - e l’idea di aprire la pellicola con un piano sequenza che introduce lo spettatore nel vivo dei bassifondi partenopei, per concludere con un carrello inverso che porta fuori dall’azione scenica in cui si sono destreggiati i personaggi. Tradimento è un classico Merola movie, di fatto una sceneggiata corretta al musicarello dialettale con schizzi di melodramma, commedia e pochade, davvero ben dosati da un maestro del cinema popolare come Alfonso Brescia. Personaggi stereotipati quanto si vuole, ben definiti, tutti troppo buoni o troppo cattivi, ma gestiti in una sceneggiatura che non presenta sbavature di sorta. Fotografia napoletana interessante, tra luci soffuse e panoramiche marine, ralenti canori sulla spiaggia e un mercato ricco di colori che ricorda Campo dei fiori, tra polipo e bibite, passando per un metaforico teatro di burattini dove Pulcinella racconta la vita del povero napoletano costretto a inventarsi il modo per campare. Interessante l’immedesimazione Pulcinella - Merola che spesso la storia tende a realizzare quando Totonno rappresenta momenti della vita del venditore di polipo. Storia d’amore e camorra, con parti violente e da cinema poliziottesco, momenti persino sexy con Ida Di Benedetto in vesti succinte, elementi comici con Masino e Montanaro, quindi canzoni e guapperia con Merola e D’Angelo. Bellissimo il finale in musica, da bagarre comica, secondo i canoni della migliore commedia musicale. Inutile dire che fu un successo, soprattutto a Napoli.


Rassegna critica. Marco Giusti (Stracult): “Grande incontro tra due miti della sceneggiata. Mario Merola al suo massimo fulgore e Nino D’angelo ai suoi inizi. A sostenere il duo Ida Di Benedetto ancora fresca di esperienze alte nella parte della moglie, forse traditrice, di Merola. La storia è sempre quella. Il sospetto, il bravommo, Merola che si impunta e chiede spiegazioni a o malamente, stavolta interpretato da Nello Pazzafini assolutamente sballato. Finisce a coltellate, poi davanti a un giudice, che è il toscano Ghigo Masino finito a Napoli quasi per caso. Merola, reticente, verrà salvato dalla moglie, che, disonorata, verrà messa alla porta, ma tutto finirà per il meglio. Non male il pestaggio di Nino D’Angelo da parte degli uomini di Pazzafini. Ma la parte migliore spetta al brodo di polipo che Merola si ostina a vendere per strada, giustamente definito da Ghigo Masino una schifezza”. Morando Morandini assegna una stella e mezzo ma non spreca una riga di commento. Pino Farinotti (una stella): “Tra camorra e presunti tradimenti si sfiora la tragedia, ma, alla fine, l’amore trionfa”. Paolo Mereghetti (una stella e mezzo): “Merola e D’Angelo in un sol colpo, una delizia per gli estimatori, un flagello per gli altri. Il film cerca di aggiornare i modi della sceneggiata ma resta saldamente sul folcloristico”.

Per vedere il film: 



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